“The return of the Giant Hogweed” è il titolo di un brano dei Genesis dell’inizio degli anni settanta.
Il testo racconta di un esploratore naturalista dell’epoca vittoriana, un analogo di Darwin, che durante un viaggio sulle colline della Russia “cattura” una specie botanica e la porta in patria facendone dono ai giardini reali di Kew.
L’esploratore è inconsapevole di aver rapito una pianta regale, recando offesa al mondo delle creature botaniche.
La “bestia” regale non dimentica l’offesa e la flora si organizza per una vendetta. Si scatena una lotta tra l’uomo e le creature botaniche.
Immuni a tutti gli erbicidi ed invincibili, spargono ovunque i loro semi e attaccano l’uomo producendo sostanze velenose.
“Agite di notte; sono senza difese!”- si dicono gli uomini- “Hanno bisogno del sole per sintetizzare il loro veleno!”.
Ma nulla riesce a contrastare il potente Hogweed, che alla fine ottiene la sua vendetta.
Si tratta di una storia che prende spunto dal vero. La pianta di cui parla la canzone è l’Heracleum mantegazzianum, che è stato importato in Inghilterra dalle colline del Caucaso a scopi ornamentali ed è “fuggito” dai giardini diffondendosi in tutta l’Inghilterra. E’ una specia invasiva e contiene sostanze urticanti a contatto con la pelle.
La diffusione di Giant Hogweed continua tuttora e il suo areale di distibuzione continua a estendersi anche in europa continentale. La mappa sottostante evidenzia il suo livello di distribuzione attuale.
La storia di Hogweed è solo un esempio tra i tanti che dimostrano quanto sia facile introdurre una specie vivente della quale risulta poi impossibile controllare la diffusione. Il mancato controllo ha spesso impatti negativi sulla biodiversità.
Questo problema è stato anche in parte affrontato dalla Regione Lombardia con alcune leggi. Una di queste vincola chi effettua scavi nei terreni a ripopolare con piante autoctone.
Personalmente non ho mai visto questa legge applicata.
Uno studioso di scienze naturali mi diceva di temere che la questione della protezione delle specie autoctone possa essere presa come cavallo di battaglia ideologico da parte di partiti xenofobi, attraverso la sua messa in relazione con il controllo dell’immigrazione. Si tratta chiaramente di due discorsi distinti: uno riguarda l’uomo, l’altro la biodiversità.
Le specie esotiche invasive e la biodiversità
Una ventina di anni fa ho iniziato a notare sui fondali vicini alla riva del lago una bivalve d’acqua dolce, che poi ho scoperto essere la Dreissena polimorpha, su cui ho scritto una delle prime paginette di questo blog intitolata “La silenziosa invasione del mollusco zebra”. Importata casualmente dal Mar Caspio, che ha una salinità molto bassa, la dreissena si è adattata facilmente alle acque dolci dei laghi europei. Ad Antesitum è talmente diffusa che a volte dopo i temporali le sue conchiglie si trovano a mucchi sulle rive.
Viene da chiedersi che tipo di impatto possa avere la presenza così massiva di un mollusco alloctono sull’ecosistema del lago. Una persona che ha fatto studi sulla qualità delle acque mi diceva che il ramo di Lecco è in una condizione in cui mancano nutrienti, e molti esperti collegano la tendenza alla desertificazione delle acque a questa situazione di oligotrofia. E’ possibile che la dreissena abbia avuto un ruolo nel determinarsi di questa situazione?
Quello di Dreissena è solo uno degli esempi che riguardano il mondo animale, ma ne esistono molti anche in quello vegetale.
Da noi il Giant Hogweed della situazione potrebbe essere rappresentato dall’ Ailanto altissimo, un’infestante di lusso . Una pianta dal portamento piuttosto regale importata dall’oriente all’inizio del secolo scorso per un tentativo di utilizzo nella coltivazione di un baco da seta (la Samia cynthia o bombice dell’ailanto).
Con un aspetto fiero simile a quello della pianta gigante dei Genesis, l’ailanto si sta diffondendo ovunque. Lo si trova lungo i bordi delle strade e delle ferrovie e si adatta benissimo anche ai terreni sconnessi dove altre specia hanno difficoltà. Ad Antesitum cresce anche tra le rotaie di separazione della superstrada e lungo la ferrovia.
A differenza di un’altra aliena molto diffusa, la robinia, che colonizza i terreni incolti ma allo stesso tempo lascia spazio alla crescita di altre specie, e che inoltre può contribuire al miglioramento del terreno tramite la fissazione dell’azoto, l’ailanto, rapidissimo nella crescita e dall’apparato radicale ancora più robusto e espansivo rispetto alla robinia tende a colonizzare i terreni in maniera esclusiva. Dove cresce l’ailanto non cresce nient’altro e quindi l’ailanto costituisce una minaccia per la biodiversità.
Esiste anche un altro esempio recente di danni provocati dal mancato rispetto delle frontiere biologiche, con l’introduzione in Piemonte di castagni importati dalla Cina. Insieme ai castagni è stata introdotta una vespa, il Dryocosmus kuriphilus. Viene chiamato anche cinipede galligeno del castagno, ma il modo più semplice di chiamarlo è vespa del castagno. Utilizza una sostanza che causa la formazione di camere sulla base fogliare, e deposita le uova all’interno di queste camere, che si chiamano galle. Sotto un certo aspetto queste strutture sono interessanti; viene da chiedersi a come sia possibile che l’iniezione di una sostanza possa generare una struttura teleonomica, che non è un semplice incistimento o un tumore disordinato ma una struttra finalizzata a un utilizzo specifico. La presenza di queste strutture non permette alle foglie di svilupparsi, e questo non rende possibile il processo di fotosintesi che è necessario per la vita della pianta.
Frequentando i nostri boschi si vedono bene gli effetti della presenza di questa vespa. Moltissimi castagni, anche secolari, sono già morti e la maggior parte degli altri, se non tutti, sono purtroppo infestati dal dryocosmus. Secondo la Coldiretti già qualche anno in Italia erano morti il 50% dei castagni.
Sono stati fatti dei tentativi di lotta biologica utilizzando un’altra vespa, il Torymus sinensis, che come dice il nome, proviene anch’esso dalla Cina e si riproduce depositando le uova all’interno della prima, quindi la si potrebbe chiamare la vespa della vespa del castagno. Mi sono chiesto che senso possa avere fare lotta biologica a una specie aliena utilizzando un’altra specie aliena. Come si fa ad essere sicuri che questa specie non sia poi dannosa per altre specie? Che non sviluppi ad esempio la capacità di riprodursi in altri insetti? Ad esempio nelle api?
Per quanto riguarda l’ailanto, l’unica soluzione che conosco è l’eradicazione. Dovrebbe essere fatta sotto il controllo di persone esperte, perché a volte i giardinieri tendono a tagliare queste piante senza però eradicarle, con l’effetto di incrementarne la presenza anziché ridurla.
L’ultima parola in questa pagina dovrebbe spettare all’Hogweed gigante di cui si parlava all’inizio, visto che si parla di lui.
Se potesse parlare ci farebbe notare che in natura esiste una specie che minaccia la biodiversità più di ogni altra, ma non è la dreissena, non è la robinia e nemmeno l’ailanto.